Liam Gallagher e la differenza tra i tifosi di Manchester

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L’ex Oasis Liam Gallagher parla della differenza di stile tra i tifosi del Manchester City e dello United,  altro che football e musica.

E si sa che Liam non si tiene “un cecio in bocca”, non perdendo l’occasione di dire la sua….sempre con la solita ericetta, condita con un pizzico di strafottenza, una spruzzata di saccenza e faziosità quanto basta.

La differenza tra i tifosi del Manchester City e quelli del Manchester United? Noi siamo molto più eleganti. Loro portano ancora le Adidas Samba e la camicia infilata nei pantaloni

Ecco cosa ha dischiarato Liam Gallagher alla rivista Loaded…che poi caro Liam, noi della Redazione o almeno io che scrivo) non siamo troppo d’accordo; ho la camicia sempre dentro ai pantaloni tranne l’estate e mi piacciono da morire le samba, specialmente quelle nere..tiè!

Gli Oasis non sono solamente gli idoli di milioni di fan, sono mostri sacri del britpop, precursori di un epoca musicale e rivisitatori in revival di quel che fu il modernismo..questa band ha conquistato i cuori di varie generazioni ad inizia re da chi nei primi anni 90 già ara alla ricerca di qualcosa di unico.

Il calcio per i fratelli Gallagher poi è qualcosa di magico che li attrae più delle note e che li lega alla propria città di nascita..Manchester, una città che anche a livello musicale non si fa parlare dietro. Tra il Madchester, genere musicale del mitico Hacienda e lo United, tutti abbiamo adorato la città degli Oasis…ma attenzione però, loro amano solo il City!

Vi riportiamo le parole di Marco Maioli prese da fantagazzetta:

Genuini, nella loro passione calcistica, appaiono gli Oasis, che rilasciano la loro prima intervista alla rivista Loaded (“For men who should know better”) e per l’occasione si fanno fotografare, ovviamente, nel parcheggio di Maine Road, allora lo stadio del Manchester City. Non hanno bisogno, i fratelli Gallagher, di inventarsi un passato da tifosi o un’esistenza proletaria: nati a Manchester da una famiglia di origini irlandesi in cui tutti tifano United (“devono essere in seimila”), Noel e Liam seguono però il padre nella scelta controcorrente per il City, probabilmente dovuta all’odio per i fratelli. In fondo sono pur sempre nati a mezzora di cammino dallo stadio, e, quando traslocano a Burnage, Noel può vedere dalla finestra della sua camera i riflettori dell’impianto mentre ascolta Radio Piccadillyinterrompere la musica e dare notizia dei gol realizzati (It’s a goal!) o subiti (Oh no!) dai blues. Liam, di cinque anni più giovane, deve la sua fede anche a un insegnante delle elmentari, tale Mr Walsh, che porta gli alunni più meritevoli a vedere Joe Corrigan parare: il discepolo deve avere superato il maestro, se è vero, come sostiene Tony McCarroll, ex batterista degli Oasis, che il buon Liam ha danneggiato diverse auto di giocatori dello United nei primi anni ’90, portandosi via una portiera della vettura di Eric Cantona. Le prime partite viste risalgono ai primi anni ’70, quando il padre lascia il giovane Noel nella Kippaxassieme agli altri bambini per andare a bere al bar. È ancora un Manchester City vincente in Inghilterra e in Europa, come non lo sarà più negli anni a venire, quando i fratelli Gallagher, con amicizie varie tra gli hooligans di Maine Line Crew, Young Guvnors e Under-5s, vanno a Maine Road ‘religiosamente’ ogni sabato, tra banane gonfiabili e risultati scadenti: papà ha lasciato la famiglia, ma andare allo stadio all’epoca costa poco e, da disoccupati, non c’è molto altro da fare. Nella stagione 1983-84, dopo la retrocessione arrivata con la sconfitta con il Luton all’ultima giornata, sono presenti a tutte le partite, anche a quelle in trasferta. “Negli anni Ottanta odiavo il Manchester United con passione. Ma invecchiando addolcisci. Odiavo Mark Hughes ed Eric Cantona, ma Paul Scholes? È come Ashley di Coronation Street” (Noel Gallagher). Accade così, senza che sia mai stato pianificato a tavolino, che quando gli Oasis iniziano a far parlare di sé, la band e la squadra si incontrino, si facciano pubblicità l’un l’altra, diventino quasi la stessa cosa, almeno per gli osservatori più lontani. Prima dei libri di Colin Shindler, prima di Jimmy Grimble, e con una risonanza mediatica sicuramente superiore, c’erano gli Oasis, capaci di far arrivare la squadra dei Kinkladze e dei Berkovic là dove il buon senso calcistico avrebbe voluto solo lo United: capitava così che, quando MTV si occupava ancora di musica, un ragazzo brasiliano potesse decidere di tifare il Manchester City di Paul Bosvelt e Sun Jihai, senza magari averlo mai visto in azione, nemmeno in televisione. Quando Some Might Say arriva al numero uno nella classifica dei singoli, è niente meno che il presidente del Manchester City, Francis Lee, a complimentarsi con un fax. Congratulazioni difficili da restituire, dal momento che più la band va bene, più la squadra affonda: quando il 27 e 28 aprile 1996 gli Oasis tornano a Maine Road da profeti in patria per due storici concerti, i fratelli Gallagher sono abbastanza celebri da dover prendere sul serio la criminalità locale, che minaccia di rapire Liam. Una settimana dopo, su quello stesso campo, un pareggio con il Liverpool costa al City la retrocessione, una discesa che proseguirà due anni più tardi con l’imbarazzante caduta nella terza serie inglese. (Venerdì, 14 agosto 1998 – Fulham-Manchester City 3-0). “Noel Gallagher degli Oasis ha guardato la partita da un’executive box, ma gli è stata confiscato il suo drink quando ha cominciato a urlare insulti ai tifosi di casa” (da Mark Hodkinson, Down Among the Dead Men with Manchester City). Per vedere la loro squadra tornare a vincere, gli Oasis dovranno sciogliersi. Nel frattempo, però, hanno avuto l’onore di sfilare davanti ai tifosi in occasione di diverse partite, vedersi intitolare unaOasis Hospitality Suite a Maine Road, cenare con vecchie glorie come Mike Summerbee; in tempi più recenti, Garry Cook ha svelato, durante un pranzo, gli obiettivi di mercato, scritti su un tovagliolo, a Noel Gallagher, che ha anche avuto l’onore di intervistare Mario Balotelli, facendogli confessare di non aver mai sentito parlare di Joy Division, The Smiths o Stone Roses. O del Manchester City stesso, prima di finirci a giocare. “Se avessi pensato che sciogliere gli Oasis avrebbe significato che il City avrebbe vinto il campionato lo avrei fatto quindici anni fa. Una volta guadagnati 20 milioni di dollari me ne sarei andato” (Noel Gallagher). Un matrimonio in piena regola, tanto che al gruppo viene anche chiesto, a un certo punto, di chiudere il cerchio e investire nel club: c’è un incontro con la proprietà, ma non se ne fa nulla (“carini a chiedere, ma non voglio i tifosi davanti a casa mia quando il City è in Third Division e tutti danno la colpa a me”). Mai è stata scritta una canzone appositamente per la squadra: una volta, su richiesta, ci hanno anche provato, ma poi è venuta fuori Acquisce ed era troppo bella per regalarla al City. Gli Oasis hanno comunque avuto la soddisfazione di vedere gli ex compagni di gradinate appropriarsi delle loro canzoni: Wonderwall, anche con i dovuti aggiustamenti per omaggiare Kinkadze o Uwe Rosler, è sicuramente la più proposta allo stadio e la più cantata, ma non mancano striscioni ispirati a Some Might Say (“Some might say, we will find a brighter day”), mentre Roll With It, sconfitta ai tempi della battaglia del britpop da Country House dei Blur, ha avuto l’onore di risuonare a Wembley prima della finale di Fa Cup del 2011. “I said maybe / you’re gonna be the one that saves me / and after all / you’re my Alan Ball…”! Non molte, ma significative, le citazioni a tema City nell’opera degli Oasis: non è difficile notare la foto di un giocatore in maglia azzurra appoggiata al caminetto nella copertina di Definitely Maybe: si tratta di Rodney Marsh, nel 1972 acquistato dal Manchester City per 200000 sterline, allora cifra record per il club. Il video di The Masterplan, ispirato alle opere di L.S. Lowry, pittore noto per le scene di vita dell’Inghilterra industriale e tifoso del City, spiega ancora meglio il rapporto tra il gruppo e la squadra: i membri del gruppo camminano per le vie di Manchester e passano anche davanti a Maine Road, dove si sta giocando Manchester City-Newcastle, ovvero la prima partita di cui Noel abbia ricordo. La partita, risalente al gennaio 1975, è poi finita 5-1 per i padroni di casa, ma l’unico gol che la futura rockstar è riuscita a vedere, a causa della statura, è quello degli ospiti.

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