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I tifosi dell’Arsenal cantano The great escape

arsenal great escape

I tifosi dell’Arsenal cantano in coro The great escape ad Atene per la Champions League, un evento che unisce musica, calcio e cinema.

I gunners non sono i primi e non saranno gli ultimi a suggellare il legame tra i film ed i tifosi di calcio, ma questo coro è veramente bello!

Ecco la tifoseria londinese che canta, in quel di Monaco, in un bar, prima del martch di Champions League:

La musica del coro dei tifosi dell’Arsenal

The great escape, a noi più noto come La grande fuga, è una pellicola cinematografica del 1963 diretta da John Sturges che ha conquistato milioni di spettatori (e di lettori a suo tempo) di tutte le età. Una storia di guerra, la II mondiale, una delle tante vicende che Holliwood ha dedicato al conflitto..una storia di eroi, una vicenza che fomenta i britannici.
Ovviamente, come si evince dal titolo, anche chi non ha mai visto il film capisce che si tratta di una fuga, di un pilota che scappa dalla prigionia tedesca.
Premi osca, riconoscimenti, citazioni etc…ma quel che di più bello c’è, tra uno Steve McQueen ed un giovane Chalres Bronson è la sigla di Elmer Bernstein.

La Grande Fuga

La grande fuga (The Great Escape) è un film del 1963 diretto da John Sturges. È basato sul libro di Paul Brickhill, pilota australiano della Royal Australian Air Force, il cui Supermarine Spitfire venne abbattuto in Tunisia nel marzo 1943. Brickhill fu successivamente internato in Germania al campo di concentramento per ufficiali Stalag Luft III a Sagan (ora Żagań, in Polonia, ma allora nella tedesca Bassa Slesia), dove partecipò alla realizzazione di un tunnel destinato all’evasione dal campo.
Un gruppo di prigionieri inglesi viene rinchiuso in un campo di prigionia tedesco. Fin dal primo giorno iniziano i tentativi di fuga, mai coronati da successo. Tra i prigionieri figura il caposquadriglia Roger Bartlett, chiamato in codice X1, sospettato dai tedeschi di essere a capo di una organizzazione dedita a favorire ed organizzare le fughe per creare disordine e destabilizzazione tra le forze tedesche. Dopo un colloquio con il maggiore Ramsey, comandante dei prigionieri e ufficiale alleato più alto in grado, Bartlett decide di effettuare un massiccio tentativo di fuga, basato sulla realizzazione di tre tunnel (denominati “Tom”, “Dick” e “Harry”) che dovrebbero consentire l’evasione di circa 250 prigionieri.

L’organizzazione della fuga viene pianificata e realizzata meticolosamente, grazie anche all’individuazione di alcune figure chiave, tra cui uno scassinatore, uno specialista in tunnel (il tenente Velinski), un falsario, un falegname e un sarto; inoltre viene messa in piedi una massiccia rete di collaboratori che predispone documenti, abiti civili, cartine, biglietti ferroviari, razioni di viveri e quanto altro si renda necessario. Durante i festeggiamenti organizzati dai prigionieri americani per ricordare la ricorrenza del 4 luglio, il tunnel “Tom” viene però scoperto dalle guardie dello Stalag.

Per non rischiare ulteriori ritardi, l’organizzazione concentra le proprie forze su un solo tunnel, il più avanzato. Durante la notte prescelta per la fuga, si scopre che l’uscita del tunnel risulta troppo indietro rispetto al previsto, ovvero a circa otto metri dai primi alberi che circondano il campo di concentramento. Non è comunque possibile rimandare il tentativo, poiché tutti i documenti e biglietti riportano la data del giorno dopo, pertanto la fuga ha inizio. Sono 76 i prigionieri che riescono a uscire dal campo attraverso il tunnel Harry prima che le guardie diano l’allarme.

Diretti verso diverse destinazioni, quali la Francia, la Svizzera e la Spagna, i prigionieri in fuga vengono braccati dalla Gestapo: la maggior parte di loro viene infatti nuovamente catturata, compresi Bartlett e i suoi uomini, che in cinquanta vengono passati per le armi dalla Gestapo. I prigionieri ripresi dalla Wehrmacht e dalla Luftwaffe vengono invece riportati al campo.

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